venerdì 16 novembre 2012

Demolire Duchamp

Duchamp, bisognerebbe avere il coraggio di eliminarlo da ogni seria considerazione sull'arte. Se ne parla qui solo per l'importanza attribuitagli dagli storici dell'arte. Della sua lezione l'arte potrebbe fare a meno, soprattutto se risultasse vera l'interpretazione iconologica che ha rintracciato nell'alchimia il codice duchampiano. Cosicchè, l'arte si libera dalla religione, dalla morale, dalla filosofia, per approdare all'alchimia? Non male come conquista conoscitiva! L'alchimia è la versione mistica, esoterica, dello spirito scientifico: si tratta di carpire le qualità occulte della natura per acquisire un potere su di essa. La conoscenza non è pura, ma spuria, viziata dal fare in vista dell'utilità.
Duchamp, che non sa nulla, ma vuol far credere di essere in possesso di una conoscenza superiore, ha lasciato diversi indizi per indurre i critici a sospettare un significato segreto nella sua opera.
Ammettiamo per un momento la matrice alchemica. La dottrina conferisce a Duchamp il "potere" di trasmutare gli oggetti in simboli. Il laboratorio duchampiano esclude il fare e il pensare (e questo già ci impedisce di qualificarlo come artista), la sua capacità artistica consiste nel ritrovare, in oggetti già fatti, la semplificazione di alcuni concetti dell'alchimia. Egli non solo non compie lo sforzo di pensare la forma simbolica, ma nel ritrovarla negli oggetti si fa aiutare dall'iconografia dei trattati alchemici (cfr. Art dossier, n. 78). E' su queste "operazioni segrete" che Duchamp ha mantenuto il "silenzio" degli iniziati! Per non esporsi al ridicolo ha preferito non confessare se la trasmutazione degli oggetti in simboli dell'alchimia avveniva consciamente o inconsciamente. D'altra parte l'alchimia è già essa stessa un'arte, e allora, che senso ha la sua illustrazione?
Secondo altri storici, ciò che fa di Duchamp un genio dell'arte moderna è il nuovo modo di concepire l'artisticità. Grande potere ha il mago Duchamp, a lui è sufficiente indicare o prelevare un oggetto perché questo acquisti uno statuto artistico. Il valore artistico sarebbe determinato dall'opinione e dal contesto. E' questa un'altra conquista dell'arte moderna. C'è da esserne fieri! Nessuna traccia rende artistico il ready-made, ma nemmeno il gesto che lo pone è tale. Gli atti mentali duchampiani sono privi di ars, di ingenium, di inventio.
Con quale criterio giudichiamo? Risposta: "Et quando aremo a dipingere storia, prima fra noi molto penseremo qual modo et quale ordine in quella sia bellissima; et faremo nostri concepti ed modelli di tutta la storia et di ciscuna sua parte prima et chiameremo tutti gli amici a consigliarci sopra adciò"
(L. B.Alberti, Della pittura, alla fine del terzo libro; corsivi nostri).
[Il riferimento alla "storia", al contenuto, sicuramente urta con la sensibilità della critica moderna, così abituata a considerare anche negli artisti del passato la sola preoccupazione della forma]
Abituati a opere prive di significato, i moderni non sanno più leggere all'interno di un'opera d'arte. Solo così si spiega la stoltezza di conferire all'atto mentale soggettivo lo statuto valutativo.
[M. R., Il problema del contenuto, cap. III, § 15, tesi di diploma all'Accademia di Belle Arti di Carrara, a.a. 1997-98]

Aneddoto provocatorio

Saluti, esordio con aneddoto
Ai visitatori di questo blog, con l'augurio di buona salute.
In questo blog riporterò alcuni pensieri, vecchi e nuovi, sull'arte. Soprattutto riflessioni critiche sull'arte moderna e contemporanea.
Per cominciare, un aneddoto emblematico dell'ignoranza e della presunzione degli artisti del Novecento. Nel 1927 Dalì giunse a Parigi dove incontrò Picasso: "Quando arrivai da Picasso, in rue de La Boétie, ero commosso e rispettoso come se avessi ricevuto udienza dal papa in persona. "Vengo da lei prima di visitare il Louvre", gli dissi. "Non ha torto", mi rispose." (cfr. G. Néret, Dalì, Taschen, 2001, ed. ital., p.15).
C'è da morire dal ridere a leggere una cosa del genere, specialmente per la sicumera affermata da Picasso, il quale (a parte il periodo giovanile: le sue opere visibili al Museo Picasso di Barcellona testimoniano che era stato un eccellente pittore) da Les Demoiselles d'Avignon in poi rappresenta il bluff per eccellenza nella storia dell'arte.
Per cominciare, una provocazione.

Schopenhauer, sull'arte

Schopenhauer nel terzo libro del Mondo come volontà e rappresentazione dice che il concetto per quanto sia utile alla vita e fecondo per la scienza, è sterile per l’arte. Con questo è già condannata l'arte concettuale. Oggetto dell'arte secondo il filosofo è l'idea.
Bisogna ricordare che l’oggettivazione della volontà (la cosa in sé) ha molti gradi determinati, attraverso i quali l’essenza della volontà viene ad entrare nella rappresentazione, ossia a presentarsi come oggetto. Questi gradi sono le idee di Platone, che sono appunto le specie determinate o le originarie, immutabili forme e proprietà di tutti i corpi naturali, e anche le forze universali che si manifestano in natura. Tali idee stanno di fronte agli individui e ai fenomeni singoli innumerevoli come modelli di fronte a copie.
L’idea non rientra nel principio di ragione: non le tocca né molteplicità né mutamento. Se la volontà è la cosa in sé, l’idea è la diretta oggettità di quella volontà in un grado determinato. L’idea è la volontà divenuta rappresentazione.

Origine e fine dell'arte è la comunicazione di queste conoscenze. L’arte conosce le idee, la vera sostanza dei fenomeni. L’essenziale, il permanente. L’arte contempla il suo oggetto e questa contemplazione richiede pieno oblio della persona.

Nell'arte, secondo il Nostro, la conoscenza non è più al servizio della volontà. Ciò accade quando il soggetto cessa di essere individuale e diventa puro soggetto del conoscere. Il soggetto si immerge nella contemplazione degli oggetti, considerando ciò che sono e non il dove, il quando, la causa, la finalità (l'oggetto non è sottoposto al principio di ragione sufficiente).
Se l’oggetto è sciolto da ogni legame con gli altri oggetti e il soggetto è sciolto da ogni legame con la volontà, allora ciò che viene conosciuto non è più l’oggetto come tale, ma l’idea, l’eterna forma.
Al genio non basta il presente, che appaga chi vive nel quotidiano. Il volere scaturisce dal bisogno, dalla mancanza, dalla sofferenza; ma nessun oggetto del volere può appagare durevolmente. La genialità è una qualità innata (acquisita è la tecnica), essa è oggettività: il soggetto diventa lucido specchio dell' essenza del mondo.

Consideriamo per ora la pittura.
Schopenhauer dice che il vero carattere dello spirito (affetto, passione, gioco alterno tra conoscere e volere) espressi mediante il volto e il gesto è soprattutto privilegio della pittura.

La pittura, oltre alla bellezza e alla grazia, ha anche il carattere, che è la rappresentazione della volontà al massimo grado. Nel carattere ha rilievo uno speciale aspetto della idea di umanità.
L'indicazione più interessante espressa da filosofo è questo: né un individuo qualsiasi, né una azione qualsiasi possono essere senza significato, si fa sempre manifesta l’idea di umanità. Dunque qualsiasi sia il soggetto dell'opera, essenziale è l'idea espressa.
Questa indicazione potrebbe essere decisiva per un ritorno a una autentica artisticità, dopo tanti sperimentalismi che hanno condotto l'arte verso il nichilismo della forma, oppure nel migliore dei casi verso l'espressione di ciò che è soltanto "personale".
Schopenhauer dice che a torto si ritengono significanti solo i fatti della storia universale o della Bibbia e si disdegna la pittura olandese che rappresenta la realtà comune (quadro di genere).
Fermare con durevoli tratti la fugacità dell’attimo, rendendo immobile il tempo, si innalza il singolo caso all’idea della sua specie.
Ed ecco una bella lezione di cui dovrebbero tener conto i cultori dell'arte: si deve riflettere che l’intimo significato di un’azione è affatto diverso dal suo significato esteriore.

Il significato intimo (reale) è la più o meno profonda penetrazione nell’idea di umanità.
Il significato esterno (nominale) è l’importanza di un’azione in rapporto alle sue conseguenze nel o per il mondo reale (in base al principio di ragione).

Per Schopenhauer quindi, solo il significato intimo conta nell'arte, quello esteriore conta solo nella storia.
La vita di milioni di individui, con il loro agire, le loro pene e la loro gioia… è materia sufficiente a che si dispieghi la multiforme idea dell’umanità. Per esempio, i ministri che si contendono sulla carta geografica terre e popoli, valgono allo stesso modo di contadini che nella taverna vogliono affermare i loro diritti nel giuoco delle carte o dei dadi. I soggetti storici (esteriormente significativi) della pittura, hanno spesso questo svantaggio: ciò che in essi è più significante non è rappresentabile per l’intuizione, ma deve essere sovrapposto con il pensiero.
Ciò che veramente importa non è il singolo fatto storico per se stesso, bensì quanto vi si contiene di universale. Per es.: bisogna distinguere i quadri che hanno per soggetto la parte storica e mitologica del giudaismo e del cristianesimo, da quelli in cui il verace etico genio del cristianesimo viene offerto all’intuizione. In Raffaello e Correggio, nei volti (dei Santi, del Bambino, della Madre) e specie negli occhi vediamo l’espressione, il riflesso della perfetta conoscenza…quella che ha afferrato le idee… e che non fornisce alla volontà motivi, ma è diventata un quietivo della volontà, dal quale provengono la perfetta rassegnazione (intimo spirito del cristianesimo come dell’indiana saggezza), la rinunzia a tutte le brame, la redenzione.

Secondo Schopenhauer qui è la vetta dell'arte.
Bisogna pur imparare da un grande.

mercoledì 14 novembre 2012

Ciò che urta la sensibilità moderna: il contenuto


Nel trattato Della pittura Leon Battista Albrti dice che la pittura tiene in sé forza divina, nel senso che rievoca: fa li uomini assenti essere presenti.
Grandissima opera del pittore sarà la storia – dopo aver lodato la convenienza e la dignità dei corpi nella composizione – dice che “sarà la storia qual tu possa lodare et meravigliare tale che con sue piacevolezza si porgerà si ornata et grata che ella terrà con diletto et movimento d’animo qualunque dotto e indotto la miri. Quello che prima dà voluptà nella istoria viene dalla copia et varietà delle cose; come ne’ cibi et nella musica sempre la novità et abondantia tanto piace quanto sia differente dalle cose antique et consuete, così l’animo si diletta d’ogni copia et varietà;”
Inoltre affinché non si dica che Alberti parli solo di problemi formali e scientifici (come credono i critici che esaltano l'arte moderna e l'insulsa poetica dell'arte per l'arte), ecco cosa dice ancora sulla storia:
“Et piacemi sia nella storia chi admonisca et insegni ad noi quello ivi si facci: o chiami con la mano a vedere o, con viso cruccioso e con li occhi turbati, minacci che niuno verso loro vada; o dimostri qualche pericolo o cosa ivi meravigliosa o te inviti a piangere con loro insieme o a ridere; et così, qualunque cosa fra loro o teco facciano i dipinti, tutto appartenga a hornare o a insegnarti la storia”.

Ecco, è proprio il riferimento al contenuto che "urta la sensibilità moderna".