Nel trattato Della pittura Leon Battista Albrti dice che la pittura tiene in sé forza divina, nel
senso che rievoca: fa li uomini assenti essere presenti.
Grandissima opera del pittore
sarà la storia – dopo aver lodato la convenienza e la dignità dei corpi nella
composizione – dice che “sarà la storia qual tu possa lodare et meravigliare
tale che con sue piacevolezza si porgerà si ornata et grata che ella terrà con
diletto et movimento d’animo qualunque dotto e indotto la miri. Quello che
prima dà voluptà nella istoria viene dalla copia et varietà delle cose; come
ne’ cibi et nella musica sempre la novità et abondantia tanto piace quanto sia
differente dalle cose antique et consuete, così l’animo si diletta d’ogni copia
et varietà;”
Inoltre affinché non si dica che
Alberti parli solo di problemi formali e scientifici (come credono i critici che esaltano l'arte moderna e l'insulsa poetica dell'arte per l'arte), ecco cosa dice ancora
sulla storia:
“Et piacemi sia nella storia chi
admonisca et insegni ad noi quello ivi si facci: o chiami con la mano a vedere
o, con viso cruccioso e con li occhi turbati, minacci che niuno verso loro
vada; o dimostri qualche pericolo o cosa ivi meravigliosa o te inviti a
piangere con loro insieme o a ridere; et così, qualunque cosa fra loro o teco
facciano i dipinti, tutto appartenga a hornare o a insegnarti la storia”.
Ecco, è proprio il riferimento al contenuto che "urta la sensibilità moderna".
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