venerdì 16 novembre 2012

Schopenhauer, sull'arte

Schopenhauer nel terzo libro del Mondo come volontà e rappresentazione dice che il concetto per quanto sia utile alla vita e fecondo per la scienza, è sterile per l’arte. Con questo è già condannata l'arte concettuale. Oggetto dell'arte secondo il filosofo è l'idea.
Bisogna ricordare che l’oggettivazione della volontà (la cosa in sé) ha molti gradi determinati, attraverso i quali l’essenza della volontà viene ad entrare nella rappresentazione, ossia a presentarsi come oggetto. Questi gradi sono le idee di Platone, che sono appunto le specie determinate o le originarie, immutabili forme e proprietà di tutti i corpi naturali, e anche le forze universali che si manifestano in natura. Tali idee stanno di fronte agli individui e ai fenomeni singoli innumerevoli come modelli di fronte a copie.
L’idea non rientra nel principio di ragione: non le tocca né molteplicità né mutamento. Se la volontà è la cosa in sé, l’idea è la diretta oggettità di quella volontà in un grado determinato. L’idea è la volontà divenuta rappresentazione.

Origine e fine dell'arte è la comunicazione di queste conoscenze. L’arte conosce le idee, la vera sostanza dei fenomeni. L’essenziale, il permanente. L’arte contempla il suo oggetto e questa contemplazione richiede pieno oblio della persona.

Nell'arte, secondo il Nostro, la conoscenza non è più al servizio della volontà. Ciò accade quando il soggetto cessa di essere individuale e diventa puro soggetto del conoscere. Il soggetto si immerge nella contemplazione degli oggetti, considerando ciò che sono e non il dove, il quando, la causa, la finalità (l'oggetto non è sottoposto al principio di ragione sufficiente).
Se l’oggetto è sciolto da ogni legame con gli altri oggetti e il soggetto è sciolto da ogni legame con la volontà, allora ciò che viene conosciuto non è più l’oggetto come tale, ma l’idea, l’eterna forma.
Al genio non basta il presente, che appaga chi vive nel quotidiano. Il volere scaturisce dal bisogno, dalla mancanza, dalla sofferenza; ma nessun oggetto del volere può appagare durevolmente. La genialità è una qualità innata (acquisita è la tecnica), essa è oggettività: il soggetto diventa lucido specchio dell' essenza del mondo.

Consideriamo per ora la pittura.
Schopenhauer dice che il vero carattere dello spirito (affetto, passione, gioco alterno tra conoscere e volere) espressi mediante il volto e il gesto è soprattutto privilegio della pittura.

La pittura, oltre alla bellezza e alla grazia, ha anche il carattere, che è la rappresentazione della volontà al massimo grado. Nel carattere ha rilievo uno speciale aspetto della idea di umanità.
L'indicazione più interessante espressa da filosofo è questo: né un individuo qualsiasi, né una azione qualsiasi possono essere senza significato, si fa sempre manifesta l’idea di umanità. Dunque qualsiasi sia il soggetto dell'opera, essenziale è l'idea espressa.
Questa indicazione potrebbe essere decisiva per un ritorno a una autentica artisticità, dopo tanti sperimentalismi che hanno condotto l'arte verso il nichilismo della forma, oppure nel migliore dei casi verso l'espressione di ciò che è soltanto "personale".
Schopenhauer dice che a torto si ritengono significanti solo i fatti della storia universale o della Bibbia e si disdegna la pittura olandese che rappresenta la realtà comune (quadro di genere).
Fermare con durevoli tratti la fugacità dell’attimo, rendendo immobile il tempo, si innalza il singolo caso all’idea della sua specie.
Ed ecco una bella lezione di cui dovrebbero tener conto i cultori dell'arte: si deve riflettere che l’intimo significato di un’azione è affatto diverso dal suo significato esteriore.

Il significato intimo (reale) è la più o meno profonda penetrazione nell’idea di umanità.
Il significato esterno (nominale) è l’importanza di un’azione in rapporto alle sue conseguenze nel o per il mondo reale (in base al principio di ragione).

Per Schopenhauer quindi, solo il significato intimo conta nell'arte, quello esteriore conta solo nella storia.
La vita di milioni di individui, con il loro agire, le loro pene e la loro gioia… è materia sufficiente a che si dispieghi la multiforme idea dell’umanità. Per esempio, i ministri che si contendono sulla carta geografica terre e popoli, valgono allo stesso modo di contadini che nella taverna vogliono affermare i loro diritti nel giuoco delle carte o dei dadi. I soggetti storici (esteriormente significativi) della pittura, hanno spesso questo svantaggio: ciò che in essi è più significante non è rappresentabile per l’intuizione, ma deve essere sovrapposto con il pensiero.
Ciò che veramente importa non è il singolo fatto storico per se stesso, bensì quanto vi si contiene di universale. Per es.: bisogna distinguere i quadri che hanno per soggetto la parte storica e mitologica del giudaismo e del cristianesimo, da quelli in cui il verace etico genio del cristianesimo viene offerto all’intuizione. In Raffaello e Correggio, nei volti (dei Santi, del Bambino, della Madre) e specie negli occhi vediamo l’espressione, il riflesso della perfetta conoscenza…quella che ha afferrato le idee… e che non fornisce alla volontà motivi, ma è diventata un quietivo della volontà, dal quale provengono la perfetta rassegnazione (intimo spirito del cristianesimo come dell’indiana saggezza), la rinunzia a tutte le brame, la redenzione.

Secondo Schopenhauer qui è la vetta dell'arte.
Bisogna pur imparare da un grande.

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